giovedì 14 luglio 2011

Dovresti! Il treno che riparte.

Il treno deve partire dal binario due. Siamo arrivati con mezz'ora d'anticipo, non si sa mai, e siamo al freddo, dio come fa freddo alle sei di mattina di una giornata di dicembre in una stazione di una città grande ma piccola nel suo insieme. La stazione ha quattro binari, uno va su , l'altro va giù, e due fanno da contorno. Noi aspettiamo su quello che va giù. Sopra di noi passa un aereo, prima, poi un elicottero, poi quattro uccellacci brutti spelacchiati in formazione.
Lei mi guarda, zompetto qua e la per vincere il freddo bastardo. Lei, paziente, è seduta sulla panchina, in mano la settimana enigmistica e una matita. I nostri pochi bagagli sono appoggiati a terra.
Sono le sei e dieci, il treno è previsto per le sei e trentadue. E'ancora buio, siamo soli. Oddio in realtà siamo insieme io e lei, io guardo lei e lei guarda me, ma siamo soli nella stazione, non c'è aperto nemmeno il bar, mi accendo una sigaretta, non è la prima. Lei mi guarda e sbuffa: "dovevi proprio fumare?", "mi scaldo" rispondo io.
La osservo scrivere una parola su un cruciverba e poi cancellarla con la gomma, la parola evidentemente non gli viene, provo ad aiutarla, mi guarda ma non è un bello sguardo, mi ritiro e continuo a fumare, le mani in tasca, lo sguardo attorno. Lei si alza mi osserva, ci guardiamo, si risiede, sembrava dovesse dirmi qualcosa, non mi dice nulla, mi siedo accanto a lei, abbozzo un abbraccio, fa freddo, lei si scosta.
Parlo: "Cos'hai?"
"Lo sai"
"No, non lo so, sono le sei e un quarto fa un freddo boia non è il momento di giocare agli indovinelli"
"Lo sai, o almeno dovresti saperlo."
"Dovrei?"
"Si dovresti"
"..."
"..."
Mi basterebbe dire la parola giusta e tutta la storia prenderebbe un altro corso, il guaio è sapere qual è la parola giusta. Ma esiste la parola giusta?
"Cosa vuoi che faccia?"
"Niente, o almeno se non sai cosa fare non fare niente tanto non c'è niente da fare"
"Dai con il freddo si ragiona male"
"Sei tu che comunque ragioni male"
"Ma cos'hai?"
"Lo sai"
"Lo so?"
"Dovresti!"
"..."
"..."

mercoledì 13 luglio 2011

Il seguito del treno in stazione

Una notte passata in bianco guardando il soffitto illuminato dalla luce del vicino.
Russare allegramente davanti alla televisione con lei che ti chiede di smettere.
Svuotare due o tre volte il portacenere e pensare a quante volte hai pensato di smettere e poi smettere veramente.
Lei che ti tiene la mano durante la scena del morto ammazzato tu che pensi ad altro.
Un fiore pressato tra due pagine di un libro dimenticato lì per anni e chissà quante parole dietro.
Suvvia bambini piantatemi un coltello nella schiena e fatemi ricordare di lei allegramente,
Dai è solo un giorno di pioggia in una sera d'estate che preannuncia una notte di sudore.
Il mio sudore che ricorda il tuo odore mentre ti stavo accanto e ora nemmeno il ricordo.
Lei canta un sacco di canzoni. Lei balla sul palco dei tuoi pensieri. Lei atterra su di un bicchiere pieno di ghiaccio.
Un giorno dopo l'altro che passa sotto la schiera folle dei canti di montagna.
I mIei.
I tuoi.
I nostri se avessimo avuto il coraggio di dirceli l'un l'altro.
Da una città all'altra.
Da un comignolo su di un tetto ad un ombrellino aperto sotto il sole.
Da un cambio di pannolini ad una pastina con il formaggino.
Stavolta abbiamo finito quel libro sul serio e avremmo voluto amarla a fondo ma ci siamo scordati  di mettere la sveglia.
Dammi la sala da ballo sul biglietto da visita e una luna al posto di una sdraio e ti restituirò i tuoi sguardi.
Non lasciarmi da solo a guardare le tue mani su di me.

martedì 12 luglio 2011

Il treno in stazione

Ecco siamo arrivati in stazione.
Scendo dal treno.
Tu mi aspetti vicino alla scala del sottopasso.
Io mi trascino, puzzo di treno, puzzo di mille chilometri fatti senza mai fermarsi.
Tu sei bella, profumi del sole del mare, della terra che hai sotto le scarpe, del mondo che ti passa vicino.
Mi dai un bacio.
Sorridi felice.
Sorrido felice.
Non c'è nemmeno una canzone da ricordare e nemmeno una chitarra da regalare all'amico del cuore.
Ci sono quarti di dollaro nascosti nel cesto della biancheria sporca e piccoli orsacchiotti che aspettano di essere lavati.
E c'è addirittura una maturità da conseguire.
I peli di achille sotto le ascelle.
E quattro cantine da svuotare da cima a fondo.
Guarda le pagelle delle elementari.

Il treno saluta mentre tutti danzano il ballo del giorno che viene.
Mucche e cowboy si scambiano di posto in una magica quadriglia.
Gente venuta da lontano guarda la fotografia con curiosità.
Io mi metto in tasca la mela che ho appena colto dall'albero.
Osterie ci aspettano ospitanti per dissetarci una volte per tutte.
Vedo che sei vicino alla fermata del tram che chiedi una proroga
anche se non hai ancora nemmeno pagato la prima rata.
Nuoto avanti e indietro nella mia palla di vetro
nemmeno l'occidente ha conosciuto una decadenza così completa.
Ammetto che dovrei perdere almeno venti chili e magari tingermi i capelli.

Ecco la stazione ci ha preso anche l'utimo treno e in cambio una battuta messa lì.
La musica ci trova abbandonati l'uno nelle braccia dell'altro e sconfigge sorella malinconia.
Ecco il bar della stazione è svuotato di ogni senso e perché
e ci resta solo da apporre una scritta in alto a destra come in un fumetto.
Vino nel bicchiere.
Pane sulla tavola.
Mano nella mano camminando silenziosi.
Sabbia tra le dita dei piedi e sole che scende dietro le colline.
La stella del mattino è così lontana che c'è tutta la notte davanti.
Ma poi passa, come passa l'acqua marina e la musica senza le pinne.
Ma poi passa e suona lontano il fischio del treno.